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La frollatura delle carni, valore aggiunto da conoscere e praticare

Quanti sono i consumatori italiani che conoscono le caratteristiche di una frollatura della carne eseguita correttamente? Molto pochi e, probabilmente, non sono molti neppure i professionisti che ne sanno apprezzare il valore.

Eppure, la corretta frollatura della carne è un elemento fondamentale per la produzione e la degustazione di carne di ottima qualità.

Nel corso della recente edizione di Tuttofood, il Consorzio Sigillo Italiano, marchio che distingue le produzioni di qualità degli allevatori italiani, ha proposto un interessante incontro guidato dalla dott.ssa Elisa Guizzo affiancata dal macellaio allevatore Giovanni Cavasin.

Tema portante, la frollatura e i suoi aspetti più salienti.

“In Italia, la frollatura è un processo poco conosciuto – ha esordito Elisa Guizzo – eppure è uno dei procedimenti tecnici più antichi e rappresenta una pratica consigliabile, anche per la macelleria moderna. Infatti, è un processo che nasce per garantire all’animale, giunto a fine vita, la corretta conservazione, in ambiente fresco, grazie all’invecchiamento forzato”.

La frollatura, dunque, è il risultato di una serie di processi biochimici effettuati a carico del personale dopo la morte dell’animale. “Questi processi – ha spiegato la dott.ssa Guizzo – sono influenzati da una serie di fattori come lo stato fisiologico dell’animale, il trasporto, il Ph, l’alimentazione che ha subito, il tipo di allevamento. Questi fattori contribuiscono alla qualità finale della carne. È molto importante, prima della frollatura, conoscere la fase di allevamento e la fase di macellazione, per gestire al meglio la fase successiva: quella della frollatura”. 

Ma, cos’è esattamente la frollatura? 

Esistono fondamentalmente due tipi di frollatura: il Dry Aged e il Wet Aged. 

Per Wet Aged si intende un metodo che prevede la frollatura all’interno di sacchetti sottovuoto; viene applicata a piccoli tagli privi di ossa e si esegue per un massimo di 30 giorni a una temperatura di circa 5 °C. La carne frolla con i suoi umidi della macellazione ed è il sistema più comune e adatto a tagli di carne da esportare/importare.  

Diverso il caso del Dry Aged che si applica prevalentemente a tagli più imponenti, come il lombo, anche in osso.  

Spiega Elisa Guizzo: “Sono 3 i parametri fondamentali che dobbiamo considerare per praticare una corretta frollatura Dry Aged: temperatura, umidità e ventilazione. Esistono diverse scuole di pensiero ma, di media, una frollatura corretta comprende un range di temperatura non inferiore a 4 °C, per non interrompere il processo di frollatura, e non di molto superiore, allo scopo di evitare la proliferazione batterica. Nel caso dell’umidità, si va da circa 75% fino a 90%. I tempi di permanenza dipendono dal risultato finale che si desidera ma, se il minimo sono 15-20 giorni, una frollatura Dry Aged ideale può arrivare da 45 a 90 giorni: oltre questo periodo di tempo, fino a 200 giorni, si parla di affinamento ed è una specialità molto particolare, per veri intenditori”.
Uno sfizio, insomma, oggi molto di moda ma anche da comprendere con i dovuti criteri, perché una frollatura estrema richiede competenza, capacità e consapevolezza dell’investimento. 

Certamente, si tratta, di un metodo che produce risultati apprezzabili e di particolare raffinatezza, precisa Elisa Guizzo: “Se parto da una materia prima eccellente, la frollatura non può che valorizzarla. Tecnicamente, 15-20 giorni sono sufficienti perché la carne sia pronta dal punto di vista chimico per rivelare digeribilità e morbidezza. Ma, se voglio affinare aroma e sapore, devo darle il tempo di sviluppare muffe nobili: questo avviene con una combinazione di umidità e temperatura ottimali. Importante anche la presenza di grassi perché la frollatura agisce su proteine e lipidi, per sviluppare aromi. Per questo motivo anche la tipologia di carne ha il suo rilievo: inutile frollare troppo a lungo una Piemontese, magrissima, meglio, per esempio, un Angus con un substrato di grasso importante. La differenza è data dal fatto che, durante la frollatura, avviene un calo di peso, con la perdita dei liquidi, mentre il grasso non cala e preserva le peculiarità della carne, concentrando i sapori”. 

Perché il consumatore italiano non predilige la carne frollata a lungo? Il motivo può essere culturale: la carne Dry Aged ha un colore scuro, considerato poco allettante, quella poco frollata mantiene il rosso brillante; anche il sapore della Dry Aged è molto più intenso e il palato nostrano medio non lo apprezza.  

Educare il consumatore a tagli e preparazioni meno consuete, dunque, sembra essere la via per dare al metodo della frollatura la giusta considerazione: un vantaggio per il palato e, come ha spiegato il giovane macellaio Giovanni Cavasin, anche per il portafoglio: “Applicando la corretta frollatura, possiamo utilizzare tagli di carne comunemente considerati di seconda scelta. Sono tagli gustosi, ricchi di grasso di deposito, non solo di marezzatura, molto importanti ai fini della lavorazione e soddisfacenti al gusto. Per fare qualche esempio: se faccio una battuta al coltello col fesone di spalla, taglio del quarto anteriore, poco nobile e poco conosciuto, ottengo grazie alla corretta frollatura una carne ottima a costo contenuto; se uso il biancostato per lo spezzatino, diventa un piatto speciale; il diaframma, rosso, ricco di emoglobina, è ricco di ferro oltre che di gusto, e costa poco; il collo, poco conosciuto, offre una varietà di opportunità enorme. Per questi tagli, la frollatura corretta è fondamentale, ma il risultato è garantito”.
Provare per credere! Imparando a gestire la frollatura correttamente, possiamo dare rilievo alle carni italiane, garantite, sicure e con un ottimo rapporto qualità prezzo. 

M.C.

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