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Farm to Fork, obiettivi e paradossi in un video-appello

“Oggi il 40% dell’intero comparto agroalimentare europeo è composto dal settore dell’allevamento che vale circa 170 miliardi di euro e impiega direttamente più di 4 milioni di persone. Partendo da questo presupposto la strategia Farm to Fork, parte del Green Deal europeo, può essere l’occasione per valorizzare i risultati raggiunti dal sistema agricolo e zootecnico europeo: la sfida è nella ricerca, nell’innovazione, nella tecnologia, per garantire una produzione sufficiente a rispondere alla crescente domanda mondiale di cibo impiegando meno risorse”.
Lo ha affermato il Professor Giuseppe Pulina, presidente di Carni Sostenibili nel corso di un collegamento internazionale tra Carni Sostenibili – l’organizzazione italiana che riunisce le associazioni che rappresentano i produttori di carni e salumi – e European Livestock Voice – l’organizzazione che riunisce gli organismi europei della filiera zootecnica. Insieme, hanno lanciato un appello per illustrare i paradossi che ostacolano la transizione green nel settore zootecnico europeo.
Il messaggio, internazionale e pubblico, è destinato ai membri delle istituzioni dell’Ue che in questi mesi stanno lavorando alla definizione del nuovo piano programmatico che orienterà le politiche agroalimentari dell’Unione per i prossimi decenni.  Nel video-appello, i rappresentanti delle due associazioni in collaborazione con diversi membri europei appartenenti a 7 Paesi – Belgio, Italia, Francia, Spagna, Germania, Portogallo e Polonia – mettono in evidenza come, nonostante le buone intenzioni, la strategia Farm to Fork non consideri la situazione attuale e le sfide del settore zootecnico.
Ambiente, salute e economia sono i passaggi fondamentali raccolti nel video-appello da cui ripartire per ripensare il ruolo della zootecnia all’interno del sistema europeo e i temi da trattare, i 9 paradossi, sono: 

– valore della carne come alimento per lo sviluppo dell’essere umano;
– uso del suolo costante per le attività di allevamento negli ultimi 60 anni a fronte di un incremento della popolazione europea di 125 milioni di individui;
– primato di sostenibilità  della filiera  zootecnica Europea, che con il 7,2% di emissioni di gas a effetto serra, già oggi  impatta per  la metà rispetto alla media mondiale (14,5%);
– salvaguardia del territorio, per evitare dissesti idrogeologici e perdita di biodiversità;
– la necessità di tutelare il settore per non essere nelle condizioni di dover importare da paesi extra europei, con evidenti contraccolpi all’economia e all’ambiente;
– garanzia sul benessere animale la cui normativa è tra le più all’avanguardia e complete al mondo;
– stretta relazione fra l’allevamento di bestiame e minor uso dei fertilizzanti chimici;
– salvaguardia dei posti di lavoro: ogni allevamento garantisce 7 posti di lavoro;
– la carne e i salumi come patrimonio gastronomico e culturale.
Tutto ciò significa sicurezza e disponibilità alimentare per la popolazione mondiale in continua crescita, che aumenterà di 2 miliardi nei prossimi 30 anni.
Se prendiamo in considerazione il fatto che nel 2050 circa il 70% della popolazione mondiale vivrà nelle aree urbane e solo una piccola percentuale del rimanente 30% si occuperà della produzione del cibo necessario per sfamare chi vive in città, appare facile intuire i rischi a cui andrebbe incontro l’Europa se le rese dell’attività zootecnica e di quella agricola calassero.

M.C.

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