
Una popolazione soddisfatta del proprio lavoro, soprattutto se confrontata con le notizie di cronaca che aumentano la felicità relativa rispetto a chi il lavoro sta rischiando di perderlo, ma colpisce la mancanza di allineamento valoriale tra lavoratori e imprese e la mancanza di orientamento al futuro.
E’ il quadro rivelato dall’analisi pubblicata dall’Osservatorio sulla Felicità che ha esaminato 6 obiettivi d’indagine: felicità in generale, felicità al lavoro, senso di appartenenza, riconoscimento e discriminazione e lavoro nel suo significato. Sono gli argomenti che hanno permesso di fotografare lo stato di felicità degli italiani. L’indagine è stata condotta dall’associazione Ricerca Felicità, nata dall’incontro tra Elehub e Sandro Formica, che mira a comprendere lo stato attuale di felicità e benessere nel nostro Paese. L’indagine si svolge su base annuale e, nella prima edizione, ha coinvolto 1314 partecipanti lavoratori divisi a seconda di età (Baby Boomers, Generazione X, Millennials e Generazione Z), sesso e appartenenza territoriale (Italia nord orientale, occidentale e meridionale).
Con la volontà di offrire strumenti al mondo del lavoro per allineare i propri valori con quelli dei propri collaboratori per una crescita corale, la dimensione del lavoro è stata analizzata da diversi punti di vista e si osserva come le frasi “mi fa capire le persone e il mondo che mi circonda” con il 27.9 % e “contribuisce alla mia crescita personale” con il 25,3% siano stati indicati in modo estremamente preponderante da chi ritiene questa affermazione “vera” nel contesto nel suo lavoro, mente le frasi “soddisfa tutti i miei bisogni” con il 27,1% e “ho una carriera piena di significato” con il 24% siano quelle scelte da chi le ritiene “false” ossia per nulla riscontrabili nel proprio ambito lavorativo. Il 15.3% ritiene che l’affermazione “ha un impatto positivo per il mondo” riferita all’azienda in cui lavora sia assolutamente falsa e alla domanda se il proprio lavoro “fa la differenza” solo il 7.6% crede sia assolutamente vero contro il 13.5% assolutamente falso.
Emerge che il 16% ritiene che l’affermazione “esprimo le mie emozioni senza essere giudicato” nell’ambiente di lavoro sia assolutamente falsa, mentre quasi il 30% si ritiene poco concorde con l’affermazione “i miei meriti vengono sempre riconosciuti”.
Tra i Baby Boomers è significativamente più elevato il peso di coloro che ritengono riconosciuti in modo assolutamente adeguato i loro meriti rispetto alle altre generazioni (31% contro una media di 20/21%).
Se si analizza la dimensione felicità in generale e la soddisfazione della vita, emerge che tra i rappresentanti della generazione Z solo il 19% si trova concorde a ritenere che la propria vita sia vicina al proprio ideale, contro il 28% dei Baby Boomers. Anche nella dimensione legata alla solitudine/isolamento si può notare come questi siano maggiormente sentiti dai giovani/giovanissimi rispetto agli adulti, si passa infatti dal 21% fino al 10% (dai più giovani ai più anziani) di coloro che sentono questi problemi e dal 42% al 57% di coloro che non si sentono particolarmente toccati dalla questione.
M.C.
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