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Olio extravergine di oliva, condimento o alimento?

“Buongiorno, che vino desidera? Acqua frizzante o liscia? Le porto il cestino del pane”. Conversazione comune in qualunque ristorante, anche il più semplice. È raro sentire un cameriere chiedere: “Che olio desidera? Con la carne, sull’insalata…”.

È usanza comune, infatti, in ogni ristorante o bistrot, chiedere al cliente che vino desidera; non solo bianco o rosso ma quale vitigno, annata, perfino quale cantina. Viene offerta una scelta ampia di birre, si chiede perfino se si desidera acqua frizzante o liscia.

La stessa cosa non avviene nel caso dell’olio…eppure è un alimento che entra nel menu, in ogni menu, sempre. 

L’olio è ingrediente fondamentale nella preparazione e nel condimento di un piatto, spesso anche come accompagnamento al pane per un gustoso amuse-bouche. Perché questo non avviene? 

È l’interrogativo che ha posto il recente forum Olio & Ristorazione, svoltosi a Milano organizzato da Olio Officina, il popolare format ideato da Luigi Caricato che ogni anno informa e educa appassionati e professionisti su un alimento – l’olio extravergine di oliva – che rappresenta un’eccellenza nel nostro Paese ma ancora oggi, troppo spesso, è considerato elemento marginale di un pasto. 

Tema portante del forum, rivolto prevalentemente al mondo della ristorazione, era il “carrello dell’olio”. Di cosa si tratta? Di approfondire il ruolo dell’olio come alimento e non solo come condimento. La sua valenza in quanto prodotto di qualità e, soprattutto, la sua varietà di tipologie, sapori, aromi, contenuti organolettici e nutrizionali che suggeriscono diversi utilizzi e impieghi in funzione dell’abbinamento a materie prime, cotture, occasioni di consumo. 

Insomma, sarebbe un fattore culturale, si tratterebbe di far comprendere al consumatore – ma prima di esso al professionista della somministrazione – l’importanza di una scelta ponderata. 

Mortificato dalla grande distribuzione, sottostimato dal consumatore che bada al prezzo più che alla qualità, ignorato dai ristoratori e dai responsabili di sala che non sono in grado di proporne le virtù al cliente perché sovente non le comprendono loro stessi, l’olio offre una tal varietà di sfumature che meritano di essere valorizzate. 

Scegliere il tipo di olio in funzione dell’uso è la base: se in cottura è preferibile un olio neutro e resistente al calore, per accompagnare pietanze diverse è consigliabile olio extravergine calibrato secondo l’intensità, la struttura. Un olio di grande personalità che offre note piccanti e amare potrebbe accompagnare degnamente i latticini smorzandone la dolcezza; un extravergine particolarmente sapido permette di diminuire l’aggiunta di sale alle pietanze; per un ragù di carne, per esempio all’emiliana, l’uso di olio extravergine ben dosato potrebbe esaltare il gusto della carne meglio del burro. L’olio extravergine, insomma, diventa un alleato prezioso, attribuisce identità al piatto e non deve essere considerato un mero condimento generico.

Tutto ciò comporta una riflessione di tipo economico e l’interrogativo che deriva è come far comprendere al cliente il valore del prodotto. La risposta sta nell’assaggio, nella spiegazione e nell’educazione al consumo, anche se ciò dovesse comprendere l’abitudine di far pagare l’olio così come il vino, l’acqua o la birra. Perché no? Il cliente, poi, potrebbe apprezzare e decidere di acquistare sul posto l’olio che ha gustato a tavola. Proporre nel proprio locale – ristorante, bistrot o negozio – un assortimento ben selezionato di oli extravergine di oliva offre sviluppi commerciali interessanti. Ma prima, impariamo a conoscere il prodotto e impariamo a comunicarne le virtù. 

Marina Caccialanza

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