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La macelleria al tempo del lockdown (prima parte)

L’emergenza sanitaria causata dal Covid-19 ha inevitabilmente coinvolto le macellerie che si sino trovate a fronteggiare situazioni a volte anche inedite con un aumento del proprio lavoro e delle formule di erogazione dei servizi. Per avere un quadro dettagliato, iMEAT Giornale ha dato voce ai diretti interessati. I pareri di alcuni macellai contattati in varie regioni d’Italia costituiscono il contenuto di un ampio servizio che riportiamo in tre puntate. Ci hanno risposto: Fabio Benato, Francesco Camassa, Stefano Casella, Giuseppe Cingolani, Carlo Ferrando, Mara Labella, Claudio Limberti, Francesco Maiorano, Sergio Motta, Salvatore Patorno, Alberto Rossi. Il servizio è corredato dall’intervista a Maurizio Arosio, presidente di Federcarni.

FABIO BENATO – Macelleria Bovina Benato Fabio – Lozzo Atesino (Padova)

Ho chiuso circa quattro giorni a metà marzo, poi ho ripreso a lavorare adottando la modalità di ordinazione con ritiro su chiamata, quindi l’affluenza è cambiata ed abbiamo potuto tutelare tutti, sia il cliente che noi stessi. Tanti sono ancora un po’ scettici nell’ordinare prima e ritirare poi, tanti altri invece l’hanno ritenuta una formula valida che ha permesso di evitare l’attesa in coda fuori dal negozio.

Abbiamo continuato con la modalità di chiusura al pubblico fino dopo Pasqua. Ora stiamo lavorando normalmente, con due persone alla volta con guanti, mascherine, gel etc., con una sanificazione ancor più profonda per un’ulteriore garanzia di sicurezza. Insomma, abbiamo dovuto fare degli acquisti non programmati…

Come sempre nei periodi delle festività ci sono degli aumenti, in questo frangente sono stati un po’ più alti perchè la materia prima scarseggiava rispetto alla domanda. Parecchi articoli non arrivavano, li consegnavano in quantità ridotta o cambiando la modalità, per esempio non più frazionata ma in quantità intere.

Il cliente ha prevalentemente ordinato per una sorta di ricordo, il macinato per ragù, le polpette, le fettine di maiale e di manzo, gli hamburger, il pezzo da fare bollito o arrosto.  Noi siamo una macelleria classica, anche se facciamo trovare qualcosa di pronto da cucinare, ma in questo periodo abbiamo lavorato sulla ricerca di novità: abbiamo messo su facebook delle nuove ricette stimolando il cliente a provare gusti nuovi rispetto alla solita fettina.

A livello governativo, ritengo che le problematiche siano state tante e assolutamente impreviste. Qualche aiuto c’è stato, tuttavia c’è stata confusione e disomogeneità nel diramare le norme, lasciando troppo spesso ad interpretazioni che hanno disorientato. Dobbiamo lavorare con più tranquillità, in modalità chiara e potendo usufruire di un buon servizio. Usciremo da questo periodo sani, ma malati psicologicamente, stressati, senza soldi e pieni di plastica da smaltire!

 

FRANCESCO CAMASSA – Macelleria Camassa – Grottaglie (Taranto)

È cambiato tanto! Sin dal primo giorno mi sono impegnato a garantire una sorta di integrità dei miei ragazzi, che non mi hanno mai detto di no, e dei clienti posizionando un dosatore automatico di gel all’ingresso, con mascherine usa e getta per i clienti che non ne erano provvisti e guanti. Abbiamo ridotto gli orari di lavoro chiudendo alle 18 ma con l’apertura continuata affinchè la gente non si accalcasse e potesse far la spesa durante tutta la giornata. Per le forniture in esterno, fin dal primo giorno mi sono bloccato perché l’operatore delle spedizioni non mi garantiva la consegna dalla Puglia al nord o in centro Italia in 24 ore.

Ovviamente il mio bacino di utenza per la prima fase è stato solo la mia cittadina in quanto da fuori nessuno poteva arrivare: essendo la mia azienda impostata su un tipo di carne al top, il mio bacino di utenza per il 50% proviene da fuori, quindi ho cercato di accontentare i clienti-amici nel raggio solo di 20 km grazie anche ad un collega che mi ha dato appoggio sulle consegne.

I miei clienti per la carne frollata arrivano anche da 150-200 km, quindi per oltre due mesi ho preferito tenere le bistecche in cella a riposo, per non generare stress tali da condizionare la corretta frollatura. Dalla seconda fase ho subito cominciato a ricevere le prenotazioni da tanti clienti anche di passaggio.

Comunque i tagli canonici al mio banco non mancano mai, ed il lavoro tradizionale mi ha consentito di andare avanti. Ho sospeso la parte di ristorazione e gastronomia da asporto, perché il mio valore reale rimane la carne cruda e voglio mantenere la mia identità di macellaio. La professionalità infatti paga e proprio in momenti come questo è indispensabile. A differenza di prima, si sono vendute tantissime bistecche da tenere in casa, sia di maiale che di pollo e di vitello, ed un ritorno agli spezzatini, ai ragù, ai cibi di una volta perché costretti a passare le domeniche in casa. Ma credo che a fine anno tutto tornerà alla normalità.

Non ho fatto richiesta dei 600 euro perché sono sempre rimasto aperto e poi perché volevo dare disponibilità ad altra gente che ne aveva davvero bisogno… Quanto agli aumenti, ce ne sono stati dovuti però all’aumento delle spese.

 

STEFANO CASELLA – Macelleria dell’Edera – Ponticella (Bologna)

Il 99% dei macellai sono rimasti aperti, attivando tutte le procedure, dalla gestione dei flussi al distanziamento, con un afflusso superiore a quello normale e file all’esterno del negozio. Oggi le altre aperture vivono su quanto hanno sperimentato alcune categorie come la nostra nei due mesi precedenti.

Personalmente ho operato solo in negozio. La zona era delimitata e ho avuto un afflusso di persone notevole, anche perchè molti non erano abituati a stare in casa e mangiare lì sette giorni su sette: già alle 6,30 di mattina avevo dieci persone in fila che attendevano l’apertura. Siamo riusciti ad operare rispettando le distanze, senza problemi per le mascherine, con il posizionamento immediato del plexiglass alla cassa etc.

Ora si comincia a notare un ritorno alla normalità, anche se la cartina al tornasole ci dirà qualcosa fra tre mesi, soprattutto se continuano a non arrivare soldi alle famiglie, e non si immettono risorse sul mercato. Purtroppo le attività che erano abituate a vivere con la cassa sono in grande difficoltà. Le banche sono state pronte ad attivare le procedure, ma i cavilli burocratici rallentano i flussi.

Lavorare nel periodo iniziale della pandemia è stato davvero difficile. Ora si vive alla giornata, si lavora in maniera anomala perché non si capisce che cosa succederà in futuro. Il governo non si è confrontato con le varie categorie, tra chi legifera e chi opera c’è troppa distanza, c’è una mancanza di sinergia tra una parte e l’altra. Abbiamo dimostrato che se c’è volontà le cose le possiamo fare: il ponte Morandi insegna, dovrebbe diventare routine e non l’eccezionalità.

Abbiamo assorbito gli aumenti ed in virtù del riallineamento dei mercati tutto è tornato normale. Da un lato abbiamo venduto di più, ma è mancata la grossa fetta dell’horeca che ha creato degli sbilanciamenti.

Negli acquisti sono sparite le cose un po’ frivole, si è andati su prodotti solidi e di sostanza, più hamburger, più macinato, più ragù da fare in casa…I nuovi clienti hanno capito la nostra professionalità e qualità, la differenza tra noi e altri canali distributivi, ciò favorirà il loro ritorno e quello di clienti giovani che non erano mai entrati in negozio. Dobbiamo cogliere nelle cose negative la parte positiva da far fruttare guardando avanti.

 

GIUSEPPE CINGOLANI – Qualità e Amore – Carni & Food – Villa Musone-Loreto (Ancona)

La politica come la macelleria non è un giochino e quindi va gestita da persone competenti. I nostri governanti dovrebbero guardare le perdite di ognuno di noi e coprirle tal quali. La gente seria dovrebbe essere sostenuta, visto che lo Stato la conosce perfettamente.

Ciò premesso, noi ci siamo dedicati alla macelleria che con gli asporti di carne cruda e cotta ha fatto un buon lavoro, ma a livello di budget aziendale abbiamo perso una bella fetta di fatturato vista la chiusura della ristorazione. Se la famiglia torna ad avere un potere d’acquisto, l’economia riparte e ripartono tutti i settori…ma la situazione è davvero difficile. Se l’Italia fosse stata la mia azienda mi sarei buttato sul plasma dando addirittura un incentivo a chi lo donava!

Tornando alla mia attività, in gennaio e febbraio, nella seconda e più recente macelleria, abbiamo fatto il 40% in più rispetto allo scorso anno, la gente cominciava a conoscerci… poi è scoppiata la pandemia. Ora viviamo alla giornata, con la speranza che questa situazione determini una selezione. L’unica soluzione è non creare allarmismi e abbassare i toni perché, ora, siamo pronti per affrontare la malattia. D’altra parte non possiamo pensare di non ammalarci più.

Sosteniamo il lavoro della macelleria con la pubblicità attraverso i social e on line, abbiamo due furgoni, a Pasqua abbiamo fatto 500 pasti d’asporto, facciamo pacchi famiglia da 20-25 euro e proponiamo un menu d’asporto, è un sopravvivere che non dà utile. Abbiamo aperto il ristorante con 20-25 rispetto ai 60 di prima, facendo il 50% di sconto, con un’autocerficazione che consenta a parenti ed amici di stare vicini per ricreare un po’ di normalità.

Ma non ci fermiamo: abbiamo un progetto per aprire a Pasqua del prossimo anno un ristorante di carne sul mare, ma occorre avere un minimo di tranquillità per continuare ad investire e arrivare abbastanza velocemente alla normalità.

I prezzi sono stati un po’ altalenanti ma senza eccessi, nel nostro settore la merce è ancora tanta e poi mangiamo meno.

 

Su iMEAT Giornale di maggio/giugno.